martedì 10 gennaio 2012

Iran, Sakineh rischia l’impiccagione



(10 gennaio 2012) IRAN – Sakineh Mohammadi Ashtiani rischia di nuovo la vita. La 44enne iraniana, accusata dell’omicidio del marito Ebrahim Qaderzadeh e di adulterio durante il matrimonio, rischia l’esecuzione in ogni momento. Lo afferma Amnesty International, che ha inviato al leader della Repubblica Islamica, l’Ayatollah Khamenei, la specifica richiesta di fare chiarezza una volta per tutte sul caso Sakineh.
sakineh_condanna-a-morte_impiccagione_amnesty-international-appello
La donna fu arrestata nel 2005 per l’omicido del coniuge e condannata a dieci anni di reclusione. Nel 2009 passò da “assassina” a “complice” e gli anni di reclusione scesero a cinque.
Nel maggio 2006 la donna aveva ricevuto 99 frustate davanti a suo figlio Sajjad, perché accusata di aver intrattenuto relazioni illecite con due uomini. Il 10 settembre 2006 è stata emessa la sua condanna a morte per lapidazione, in seguito all’accusa di adulterio, confermata l’anno successivo dalla Corte suprema.
Il suo caso ha fatto il giro del mondo e ha suscitato scalpore e indignazione, soprattutto all’estero. Tuttavia i mass media e il governo iraniani hanno rilasciato negli anni delle dichiarazioni tra loro contraddittorie, volte probabilmente a creare ancor più confusione sulla reale sorte della donna.
L’11 agosto e il 15 settembre 2010 Sakineh è apparsa in due interviste televisive in cui ha confessato i suoi contatti con l’uomo accusato di omicidio insieme a lei, e il mese successivo anche suo figlio Sajjad e il suo avvocato hanno rilasciato dichiarazioni autoincriminanti alla televisione pubblica. Quel giorno, lo stesso presentatore di Irtv1 affermò che le reazioni internazionali sul caso Sakineh era soltanto «guerra di propaganda contro l’Iran».
La donna è arrivata a definirsi una peccatrice in tv, e ha fatto un debole appello ai mass media internazionali affinché non la difendessero. Inoltre, dal 10 ottobre 2010 l’avvocato e il figlio dell’imputata sono in carcere, senza il diritto di chiedere un avvocato o di vedere la propria famiglia.
Questi e altri episodi hanno fatto insospettire sempre più le organizzazioni internazionali, che si sono mobilitate per richiederne il rilascio. Amnesty International li considera dei “prigionieri di coscienza”, cioè cittadini illegittimamente imprigionati per motivi di razza, sesso o credo politico, senza che abbiano fatto uso di violenza.
L’organizzazione per i diritti umani ha chiesto di non uccidere la donna, di far chiarezza sulle basi legali che giustificano la sua detenzione e di depenalizzare i rapporti consensuali tra maggiorenni. L’ultimo iraniano impiccato per adulterio durante il matrimonio è stato Abdollah Farivar Moghaddam.
Ucciso il 19 febbraio 2009 nella struttura carceraria di Sari, era stato precedentemente condannato alla lapidazione come Sakineh. Il 18 febbraio, tuttavia, la sua famiglia è stata informata che il giorno successivo Abdollah sarebbe stato giustiziato diversamente, senza spiegazioni.
È possibile firmare l’appello di Amnesty International per Sakineh sul sito dell’associazione.

Rachele Vaccaro

 
AID : AGENZIA IRAN DEMOCRATICO