giovedì 18 febbraio 2010

INGENTI SOMME ANDREBBERO IN RUSSIA, MA ANCHE IN CANADA E AUSTRALIA


"Khamenei-Putin, intesa per esportare capitali"
Flusso di denaro dall’Iran, i dissidenti “denunciano” 66 milionari. Nel mirino anche il figlio di Ahmadinejad
Fonte:IL SECOLO XIX
GIOVEDÌ
18 FEBBRAIO 2010

La stampa del Kuwait ha risollevato lo scandalo della fuga dei capitali iraniani all’estero, già aggallato nel 2009. Tra i 66 personaggi coinvolti figura il Gotha del governo di Ahmadinejad, il quale andò al potere proprio in nome della guerra alla corruzione [per i nomi e le cifre, vedi la infografia nel Pdf]. E adesso, mentre il popolo subisce la miseria, i vertici politici, religiosi e militari mettono il denaro in salvo. Nelle esecrate banche occidentali.
Karimi Davood, responsabile dei rifugiati politici iraniani in Italia, aggiunge altre indiscrezioni. Secondo l’opposizione infatti il flusso di denaro è diretto, oltre che in Europa, anche in Canada e Australia. Inoltre i Khamenei starebbero spostando ingenti capitali verso la Russia, in seguito a un accordo con Putin, in base al quale la famiglia della Guida Suprema otterrebbe salvacondotti e asilo politico, nel caso di un rovesciamento di regime.
Nel 2009 la stampa inglese aveva rivelato il ruolo crescente del figlio della Guida Suprema. Mojtaba Khamenei infatti è il successore designato ed è l’inflessibile “guardiano” del beit-e-rahbari (la residenza del padre, il quale subì un attentato nel 1981). Inoltre Mojtaba gestisce le milizie paramilitari responsabili della repressione negli ultimi anni, ed è stato tra gli sponsor della vittoria presidenziale di Mahmud Ahmadinejad. Tuttavia secondo Karimi Davood il suo ruolo viene surdimensionato per migliorare l’immagine della Guida Suprema, mentre in realtà si tratta di un semplice esecutore degli ordini paterni. Nel 2009 nel Regno Unito furono bloccati 1,6 miliardi a lui riconducibili, dopo che nel 2008 la UE aveva bloccato le filiali europee della banca Melli, con sanzioni finanziarie che anticipavano quelle in ballo in queste settimane. Il nepotismo è presente anche nella famiglia di Ahmadinejad: suo fratello Davood è diventato responsabile degli ispettori governativi, con un potere investigativo molto ampio. La sorella del presidente è membro dell’amministrazione comunale di Teheran. Il cognato è a capo di una Ong, mentre un nipote lavora al ministero dell’Industria.
Le dinastie politiche in Iran oggi hanno più potere degli scià nel periodo monarchico, e se la figlia dello speaker del parlamento ha sposato Mojtaba Khamenei, il principe Reza Pahlevi, primogenito dell'ultimo scià di Persia, si propone a capo di un’ipotetica restaurazione, sostenendo le ragioni degli oppositori: “Ci sono rischi di una reazione pesante”, ha dichiarato a France 24. Rifugiatosi negli Stati Uniti dal 1978 (dove ha compiuto studi militari), Reza Pahlevi ha una reputazione di duro nemico del komeinismo, ma è per la "disubbidienza civile" e per una transizione pacifica. Su questo punto Karimi Davood la pensa diversamente: la transizione pacifica è impossibile e intanto Mousavi e Karoubi hanno già alzato le mani, dopo le intimidazioni subite. Inoltre il governo starebbe inviando in Europa agenti incaricati di diffondere tra i media l’opinione che l’Onda verde non vuole recidere i fili della rivoluzione komeinista. Si tratterebbe di guerriglia mediatica, in realtà il movimento “chiede di arrivare alla destinazione finale”, cioè l’abbattimento del regime di Ahmadinejad, mentre nelle strade sale il grido Velayate Faqih! (A morte la Guida suprema). Nel caos che continua a montare persino il ritorno al potere dello scià appare possibile.
Paolo della Sala

 
AID : AGENZIA IRAN DEMOCRATICO