sabato 19 dicembre 2009

Analisi: L’Iran occupa un pozzo di petrolio iracheno

Recentemente il regime fondamentalista di Ahmadinejad ha ricevuto dei duri colpi sia da parte del popolo iraniano che da parte della sua legittima resistenza organizzata. l'esempio più tangibile di questa dura lotta è stato il grande successo della giornata dello studente del 7 dicembre scorso dove migliaia e miglia di studenti scortati e sostenuti dai semplice cittadini hanno manifestato contro il regime al grido" morte a Khamenei, morte al dittatore". Il che significa che la lotta della popolazione per libertà e la democrazia si sta radicalizzando prendendo nuove forme di organizzanzione e di mobilitazione. Un'altro fallimento subito dal regime iraniano riguarda il giorno 15 dicembre scorso data per cui il governo iracheno aveva preanunciato una scadenza per chiudere il campo di Ashraf dove tuttora vivono quasi 34oo membri della resistenza iraniana. Anche questa scadenza grazie ad una grande mobilitazione popolare e internazionale è caduta nella prescrizione e il governo del premier Al Maleki non ha potuto fare altro che alzare le mani di fronte alla volontà di un popolo che ha già deciso di mandare alla patumiera della storia un regime barbaro, medievale e fondamentalista con tutte le sue ramificazioni interni ed esterni ed indotto. Di fronte a questa grande sconfitta il regime dei mullah ha voluto dimostrare ancora i suoi muscoli attrofizzati minacciando ancora una volta il governo iracheno di agire militarmente nel caso che la prossima volta non esegua gli ordini di Teheran.
Secondo le informazioni pervenutemi dalle fonti interni, il giorno 15 dicembre lo stesso Ali Khamenei seguiva direttamente via telefono l'evolversi della situazione del campo di Ashraf impartendo ordini su ordini ai comandanti sul campo per attaccare militarmente i residenti del campo, come avvenne il 28 luglio scorso, dove morirono 11 e rimasero feriti altri 500 membri della resistenza iraniana. Ma tutto invano. Il governo iracheno non ha potuto fare altro che organizzare un tour giornalistico e propagandistico nel campo di Ashraf accolto con grande favore ed entusiasmo di tutti i residenti del campo che parlavano coi giornalisti stranieri spiegando loro le motivazioni delle loro decisioni sul non abbandonare il campo di Ashraf. In questo tour il governo iracheno aveva portato con sè una decina di pulman su cui montati degli altoparlanti che in persiano lanciavano degli inviti in persiano e in arabo, per portare via coloro che si presentavano ai funzionari iracheni esprimendo la volontà di abbandonare il campo! il risultato? Nessuno si è presentato e i decine e decine di pulman sono tornati indietro colmi di vergogna per lo stesso governo Al maleki. L'occupazione del pozzo iracheno va letto pricipalmente in questo occhio!
Comunque, la politica del saccheggio del petrolio iracheno va avanti da anni e gli iraniani portano via indisturbati una buona parte del petrolio iracheno. Ci sono numerosi indagini del parlamento e del governo iracheno sui comportamenti del regime di Teheran e puntualmente finiscono nell'archivio per ragioni di stato! Anche l'operazione dell'occupazione del pozzo petrolifero di Fakka fa parte di questa politica di ricatto per costringere il governo iracheno di portare avanti la politica di repressione contro l'opposizione iraniana dislocata nel campo di Ashraf. Una politica disumana e terroristica che va negata ed affrontata con una netta presa di posizione da parte del governo americano e da parte dell'Unione Europea.
Secondo me non bisogna trascurare i costanti lanci dei missili di ogni tipo, le numerose minacce rivolte all'Israele, la negazione dell'olocausto, le operazioni di occupazione del territorio iracheno nonchè la dura repressione delle pacifiche manifestazioni di protesta del popolo iraniano ed il massacro e la mattanza dei membri dell'opposizione democratica avvenuto il 28 luglio scorso: sono tutti elementi di una catena che una volta trascurata da chi di dovere deve vigilare sulla sicurezza del mondo ci porterà inevitabilmente a finire dentro una feroce e catastrofica guerra di cui la fine mi rimane troppa ignota!
Karimi davood


Vi propongo, al riguardo, un interessante articolo di Marta Allevato pubblicato sul quotidiano Il Giornale.
di Marta Allevato


Non bastavano le provocazioni dei test missilistici e la sistematica repressione dell’opposizione in patria. L’Iran ormai gioca al rialzo nel braccio di ferro con la comunità internazionale e ieri, al confine tra la Repubblica islamica e l’Irak, hanno spirato venti di guerra: un gruppo di militari iraniani ha sconfinato in territorio iracheno, occupando un pozzo petrolifero. L’episodio si è tinto di giallo in un rincorrersi tutto il giorno di smentite e reticenze. Solo nel tardo pomeriggio il vice ministro iracheno degli Interni, Ahmed Ali al-Khafaji, ha confermato: «Undici soldati sono penetrati dopo mezzogiorno nel campo petrolifero iracheno di al-Faqqa e hanno innalzato la bandiera iraniana». Al-Khafaji ha anche sottolineato che «fatti di questo genere sono già accaduti nel corso della settimana». I pozzi del campo di Faqqa - a est della città di Amara, con riserve pari a un milione e mezzo di barili - a giugno erano stati inseriti nel primo round di aste petrolifere senza trovare, però, acquirenti tra le major partecipanti.
Per ora sembra che Bagdad non abbia deciso di intraprendere azioni militari, nella speranza di trovare una risposta diplomatica alla situazione. Ma quando c’è di mezzo l’Iran, si sa che la via diplomatica non sempre è quella più facile da percorrere. Le relazioni tra i due Paesi che negli anni Ottanta hanno combattuto una sanguinosa guerra per otto anni, sono però migliorate da quando in Irak - dopo la caduta di Saddam Hussein nel 2003 - è salito al potere un governo guidato da partiti sciiti. Analisti iraniani sostengono che episodi di “furto” di petrolio dai pozzi iracheni, spesso dirottato verso il Golfo Persico, si verificano regolarmente da anni, nel silenzio di Bagdad che tende a «chiudere un occhio» con Teheran.
L’invasione è il culmine di un’escalation di tensione innescata dal regime dei mullah. Tra ieri e la notte precedente si è verificato un po’ di tutto: il sito di microblogging Twitter è stato vittima di un'intrusione di hacker di un gruppo autodefinitosi Iranian Cyber Army, che aveva fatto lo stesso anche in un sito dell'opposizione; Teheran ha ribadito di essere impegnata nella sperimentazione di un tipo di centrifughe di nuova generazione per l'arricchimento dell'uranio e il presidente Ahmadinejad ha voluto ricordare, a margine della conferenza di Copenaghen, che la politica di Barack Obama è identica a quella di George W. Bush ed è «la presenza militare americana il motivo principale delle crisi che viviamo oggi in Medio Oriente».

 
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