giovedì 22 ottobre 2009

il regime misogino dei mullah ha impiccato la donna più povera e più sola dell'Iran


Nella foto Soheila Ghadiri, impiccata domenica scorsa nel carcere di Evin di Teheran


Domenica scorsa, la sala delle impiccagioni di Evin a Teheran ha ospitato e ha accolto tra la sua fune la donna più sola e più povera del paese. La donna si chiamava Soheila Ghadiri, 28 anni che per "amore" aveva ucciso il suo figlio di appena 5 giorni. Soheila era arrivata a Teheran dal Kurdistan quando aveva appena solo 18 anni. Era una ragazza semplice della campagna. Era sola e non aveva nessuno e passava le sue giornate tra i parchi e zone appartate di Teheran mendicando e prostituendosi. Ha passato molti anni dormendo nel caldo e nel freddo della città nei parchi e nei palazzi abbandonati. Era caduta molte volte tra le btaccia di coloro che la volevano per quei pochi minuti e basta. Soheila non aveva mai provato amore e accarrezze. Aveva subito solo violenze e attenzioni sessuali delgi uomini che l'abbandonavano a volte nemmeno pagando il prezzo della prestazione! Soheila non aveva mai visto il calore e la protezione di una casa propria. Soheila non aveva vista e provato il piacere di preparare un minestrone caldo quando il gelo di Teheran arrivava sotto lo zero. Soheila non aveva mai provato il piacere di sentire la parola " augrui, buon compleanno"! Soheila non aveva provato mai la soddisfazione di avere un vestito nuovo. Soheila non aveva mai provato il piacere di avere una accarrezza oppure una parola di dolcezza quando nel suo grembo cresceva una creatura, frutto di una delle tante violenze sessuali subite nelle sue notti di solitudine. Soheila viveva nell'incubo del futuro del suo figlio. Soheila non voleva consegnare alla società una creatura che finisse come lei nella più sperduta zona della società iraniana. Dove, nel nord di Teheran i cani randaggi sono più sazzi dei bambini che popolano la zona sud della città. Le uniche accarezze ricevute da Soheila provenivano dagli uomini poveri o ricchi che l'avrebbero abbandonato subito dopo la fine del rapporto. Soheila era arrivata a Teheran per costituirsi una vita migliore. Il frutto di questa vita fu un bambino che, Soheila, come aveva molte volte gridato in tribunale, amava e non voleva che diventasse come lei un oggetto di piacere oppure un uomo vagabondo. Per amore, dopo 5 giorni dal parto, soheila uccide il suo " amore" e chiama la poliza dicendo di aver sgozzaato il figlio. Durante il processo Soheila aveva gridato che ha "ucciso il figlio solo per amore e basta". Ma il regime misogino dei mullah ha voluto vendicarsi di Lei perchè si era macchiata del sangue di un "maschio". Nella maligna legislatura del regime fondamentalista iraniana se "un padre uccide la figlia" può essere perdonato e liberato. Ma se una donna per qualsiasi motivo uccide il figlio deve passare gli ultimi secondi della sua vita nella " stanza della morte del carcere di Evin" accompagnato da una fune che la accompagnerà fino al di la! Questo è la giustizia di un regime che discrimina le donne e riconosce molteplici diritti al genere maschile.
Soheila non aveva un avvocato del taglio del premio Nobel che la difendesse e la scagionasse dalla terribile accusa di essere assassina del figlio. Soheila, povera, prostituta e minorata mentale aveva solo alcuni metri di fune che la attendeva nella stanza della morte per liberarla da questo regime misogino e fondamentalista che ha speso miliardi di dollari per costituire la sua bomba atomica islamica e per finanziare i gruppi terroristici del mezzo mondo.
Le nostre più sentite conoglianze a tutte le donne e mamme del mondo.
Cara mia sorella Soheila sei e rimani nei nostri cuori!
Nell'Iran di domani ci ricorderemo di te come la mamma più bella del mondo.
Karimi Davood

 
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